Nell’era di internet è abbastanza frequente fare delle ricerche su Google per capire quale malessere ci attanaglia (dove inevitabilmente tutti i sintomi li abbiamo noi!). Se poi si riesce a prendere un pò di coraggio, magari si può anche chiedere aiuto nei forum (più facilmente con uno pseudonimo così da proteggere la nostra identità) fornendo qualche informazione un pò a casaccio rispetto al nostro problema. Di solito ci sono degli esperti che rispondono come possono e in questo tentativo di risposta, nel 90% dei casi, il consiglio ultimo che si fornisce è quello di approfondire di persona il problema con un professionista (mi ci metto anche io eh!). In effetti è il miglior consiglio che si può dare in rete, ma spesso non facciamo i conti con i numerosi ostacoli che spuntano fuori nel consigliare di “andare dallo psicologo”.
Dunque quello che succede di solito è un pò questo:
Innanzitutto bisogna essere consapevoli di un disagio, una sofferenza o una fatica che si sta provando a un certo punto della propria vita. Inizialmente cercheremo di risolvere il problema con le nostre forze e per la maggior parte delle volte ci riusciremo. Può però capitare che a un certo punto ce ne succedano troppe e tutte insieme, per cui si sente di non farcela nè da soli, nè con l’aiuto di chi ci sta vicino.
In secondo luogo bisogna “convincersi” di andare dallo psicologo: questo vuol dire trovarne uno abbastanza bravo (preferibilmente “il migliore”!), con buone referenze, non troppo caro, comodo da raggiungere e che sia del sesso e dell’età che pensiamo possa metterci maggiormente a nostro agio.
Ovviamente il professionista perfetto non esiste, essendo anche lui un essere umano, per cui si arriva al terzo punto, ovvero quello creato dalle resistenze al cambiamento, da sempre nostre inconsapevoli alleate. Sono coloro che mantengono il nostro ruolo/status quo all’interno di un certo copione di vita, che inevitabilmente tenderemo a ripetere in maniera involontaria, ciclica e coatta ma che, risultando conosciuto, viene inconsapevolmente percepito come “sicuro”.
Finchè non si creerà lo strumento più potente che la psicoterapia ha, ovvero l’alleanza terapeutica, la persona avrà il compito di resistere contro tutte le sue difese inconsce che remano contro il cambiamento e contro la psicoterapia (“mi fa un pò di sconto?“; “Quanto ci vuole per stare meglio?“; “Forse questo percorso non fa per me“; “Sono un caso disperato“; “Lei mi sembra troppo giovane“; “Dove ha studiato lei?“…).
Quando inizieremo davvero a fidarci del nostro terapeuta, tutte le nostre ansie non si esauriranno facilmente, anzi… Fare un percorso terapeutico vuol dire rimettere in gioco tutta una serie di situazioni e sofferenze di cui non ci vorremmo mai più occupare perchè troppo dolorose, ma che ormai sono diventate causa del nostro malessere e che non possono più essere accantonate e ignorate. In seduta tutto questo presto o tardi emergerà, per cui anche se l’alleanza col terapeuta sarà solida, quella sensazione di ansia e agitazione prima di recarsi in seduta si farà sentire.
Personalmente, se una persona che seguo è serena e tranquilla nel vedermi, mi faccio seriamente due domande su come sto lavorando con lui, differenziando la serenità dovuta dal raggiungimento di un obiettivo terapeutico, da quella utilizzata come difesa al cambiamento in terapia.
In conclusione, è assolutamente sano avere l’ansia prima di andare dallo psicologo o mentre sto decidendo se andarci o meno. Quell’ansia è la resistenza al cambiamento che tenta a tutti i costi di mantenere le cose come sono sempre state, anche quando questa diventa ormai portatrice di sofferenza.