“Incesto. Chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente o un ascendente, o con un affine in linea retta, ovvero con una sorella o un fratello, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. La pena è della reclusione da due a otto anni nel caso di relazione incestuosa. Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se l’incesto è commesso da persona maggiore d’età con persona minore degli anni diciotto, la pena è aumentata per la persona maggiorenne. La condanna pronunciata contro il genitore importa la perdita della patria potestà o della tutela legale”
La Legge prende dunque provvedimenti quando avviene un rapporto di natura sessuale tra due persone in maniera NON consenziente; quando una di queste due persone è un minore e ci sono almeno tre anni di differenza tra loro, è implicita l’impossibilità di dare il proprio consenso consapevole. Se poi tra queste due persone c’è un rapporto diretto di parentela, la situazione si aggrava dal punto di vista penale (oltre che psicologico).
Da un punto di vista antropologico, il tabù dell’incesto pare sia stato utile nelle varie epoche storiche a rafforzare la coesione sociale nelle comunità, prevenendo e/o impedendo conflitti con le tribù e/o i regni vicini. Si favoriva quindi la nascita di vincoli di parentela attraverso lo scambio delle “femmine” come dono, in segno di amicizia e fedeltà, dando vita ai famosi matrimoni combinati.
E i rapporti tra fratelli e sorelle? Nella pratica clinica, spesso si riscontrano dei giochi sessuali tra fratellini e sorelline che si caratterizzano come mera esplorazione del proprio corpo e della propria sessualità. E’ però possibile, che questi giochi possono essere caratterizzati da una prevaricazione del più forte sul più debole, assumendo connotazioni tipicamente sadomasochistiche. Col passare del tempo, quest’esperienza può facilmente predisporre i due fratelli a una traumatizzazione, favorendo così l’auto-convincimento di entrambi di vedersi come “vittima” e “abusante”.