Secondo il dott. Porges, il potere di sentirci sicuri ha uno specifico correlato neurobiologico nel nostro corpo che promuoverebbe il recupero delle energie e un generale stato di benessere.
A seguito di 40 anni di ricerche e studi, la Teoria Polivagale evidenzia il legame mente-corpo, l’importanza del Sistema Nervoso Autonomo e, più specificamente, del sistema vagale (ovvero quel circuito di nervi che dal cranio si irradiano in tutto il corpo portando e ricevendo le informazioni nervose).
Il nostro sistema nervoso è costantemente impegnato nell’elaborazione delle informazioni e degli stimoli dell’ambiente, che dagli organi di senso giungono al cervello. Questa attività, che chiameremo Neurocezione, in noi mammiferi è da sempre fondamentale anche per valutare i rischi. Negli uomini primitivi ad esempio, era vitale riconoscere i predatori per sopravvivere. A distanza di migliaia di anni, questa Neurocezione fa ancora il suo lavoro: ci mette in guardia dai pericoli. Ma in che modo? Mettendo in atto comportamenti di socializzazione verso gli “amici” e comportamenti di difesa verso i “nemici”. Se in un vicolo buio fate brutti incontri, la prima cosa istintiva che vi verrà di fare sarà cercare aiuto, o far finta di telefonare a qualcuno, ad esempio.
Ma come distinguiamo gli “amici” dai “nemici”, o meglio, come intuiamo che una persona mi trasmette sicurezza e fiducia oppure no? Qui entra in azione il sistema vagale: grazie al nervo vago, riusciamo a intuire in maniera inconsapevole (è consapevole il nervo vago per noi!) come percepire l’altro; se le informazioni sono positive, si potrà costruire un legame affettivo, favorendo la sensazione di sicurezza.
NB più siamo coinvolti socialmente e maggiori saranno le possibilità di ricevere aiuto senza doversi corazzare in un assetto di difesa!
La Teoria Polivagale ci dice oggi che la sofferenza psicologica è determinata proprio dal fallimento di questa Neurocezione; quando ciò avviene, può quindi succedere che si può essere sempre sulle difensive anche in condizioni di sicurezza o, al contrario, non si attuano comportamenti difensivi in condizioni di pericolo. E’ importante sottolineare che non siamo “sbagliati” se ciò succede, ma ci si è solo incastrati in un modo di adattarsi all’ambiente, che nel tempo può portare a sofferenza e malessere.
Come promuovere allora il senso di sicurezza? Si fa riferimento soprattutto ad ambienti familiari, che trasmettono calore, affetto incondizionato e protezione. Questo è uno dei motivi per cui oggi si consiglia di affrontare un periodo di convalescenza a casa invece che in ospedale: nel credo popolare, gli ospedali sono associati alla morte e alla malattia e il messaggio inconscio che passa è che c’è un pericolo e che non mi posso fidare. Questa attivazione del sistema nervoso quindi mi tratterrà in un assetto difensivo che, come abbiamo visto, è diametralmente opposto a quello del benessere o, in questo caso, di guarigione.
In maniera simile, anche lo psicologo nel suo studio cercherà di creare un ambiente caldo e accogliente, dove il corpo possa captare l’assenza di pericolo, favorendo così il processo di “guarigione psicologica“.