In moltissimi tra noi ricordano di aver combinato qualche guaio durante gli anni dell’adolescenza, dai più innocenti (saltare la scuola, rientrare tardi a casa o fumare una sigaretta), a quelli più ribelli e, di fatto, illegali (come un piccolo furto o provare a fumarsi una canna). E perchè lo si faceva? Se vi sforzate a ricordare, probabilmente le motivazioni erano di carattere sociale: si voleva essere accettati da un gruppo di amici, si voleva dare una certa immagine di sè, oppure si voleva specificamente opporsi ai genitori.
Il bisogno di riconoscimento e di accettazione da parte del gruppo dei pari, il riscatto e la protezione della propria immagine sociale, diventano così i principali motivi che fanno prendere ai ragazzi decisioni rischiose, perchè rientranti nel campo della “delinquenza”. E’ però fondamentale tenere a mente che quanto più è precoce l’iniziazione criminale, tanto più è alta la probabilità di una lunga e persistente carriera criminale.
Alla base del comportamento delinquenziale ci sono delle difficoltà a conformarsi e ad adattarsi alle regole e alle aspettative sociali; a volte queste problematiche iniziano ad emergere precocemente: pare infatti che il disturbo della condotta (CD), il disturbo dell’attenzione e iperattività (ADHD) e il disturbo oppositivo provocatorio (ODD) in età prescolare e scolare, possano costituire la base di partenza per una futura personalità antisociale.
L’attrazione dei ragazzi per le sensazioni estreme, il coinvolgimento in attività pericolose, il senso di sfida nei confronti dell’autorità, la megalomania del proprio sé e il pensiero “o tutto o nulla”, sono attitudini che da una parte sono utili alla costruzione di un’identità personale e sociale distinta da quella della propria famiglia: esplorano il mondo, vanno per tentativi ed errori e cercano di capire chi sono, cosa vogliono fare e quali valori seguire, non solo come membro della propria famiglia, ma come individuo singolo e distinto; al tempo stesso però, queste attitudini diventano dei facilitatori di rischio del comportamento antisociale.
I risultati dello studio di Zara G. (2002), suggeriscono che il comportamento criminale vede coinvolti giovani tra i 15 e i 25 anni, celibi, residenti in grandi città e che hanno sperimentato condizioni di instabilità scolastica e lavorativa. Il comportamento antisociale è alimentato da generali sentimenti di incompetenza, una negativa e fallimentare percezione del Sè, un senso di inabilità nel modificare uno stile di vita antisociale strutturato nel tempo e difficoltà a perseguire piani d’azione utili a raggiungere i propri obiettivi.
L‘aggressività è una caratteristica comportamentale stabile ed è stata riconosciuta come un significativo precursore della delinquenza futura: una tendenza a comportarsi in modo precipitoso si traduce in un’immediata incapacità di autocontrollo. Nella configurazione di una carriera criminale l’aggressività, l’impulsività e l’incapacità di autocontrollo, costituiscono delle variabili di rischio per il coinvolgimento in condotte antisociali e delinquenziali, in quanto sembrano rinforzarle e mantenerle.
Da quanto finora espresso e secondo gli studi internazionali, il coinvolgimento in attività delinquenziali è così frequente in adolescenza, che viene definito un processo statisticamente normale: durante l’adolescenza infatti, sembra esserci un rapido incremento nella prevalenza di ragazzi coinvolti in esperienze criminali, riportando un picco tra i 15 e i 17 anni, per poi regredire verso i 20 anni. Il comportamento antisociale e delinquenziale è quindi una modalità di risposta a un cambiamento fisico e psicologico che l’adolescente non riesce a gestire. È un messaggio comunicativo e una richiesta di attenzione. È l’interesse ad esplorare il mondo, nel quale ritagliarsi uno spazio e un ruolo sociale. È una reazione alla frustrazione. È uno stare insieme al gruppo e sentirsi parte di esso.
Anche i cambiamenti biologici che avvengono in adolescenza hanno la loro parte; sono infatti considerati tra le altre cause nelle modificazioni dell’umore, dei disordini affettivi e dell’iniziazione di atteggiamenti antisociali e di attività delinquenziali. Infatti la corteccia prefrontale, la zona del cervello in grado di modulare le reazioni emozionali, è l’ultima a maturare (20 anni ca.) e questo inevitabilmente incide sulla capacità dei ragazzi di prendere decisioni.
BIBLIOGRAFIA