La fotografia del fenomeno “violenza” in Italia, realizzata dall’Istat nel 2007, mostra come 6.743.000 sono le donne tra i 16 e i 70 anni vittime di violenza fisica e/o sessuale nel corso della loro vita; 7.134.000 sono quelle che hanno subito o subiscono violenza psicologica; 2.077.000 sono vittime di stalking; 1.400.000 sono le donne vittime di violenza fisica e/o sessuale prima dei 16 anni. Allarmanti sono poi, i dati relativi alle violenze denunciate, pari solo al 7% di quelle realmente perpetrate e alle condanne per gli autori delle violenze, che sfiora appena l’1%.
Vengono individuate due principali categoria di violenza, categorizzate rispetto al luogo dove questa viene perpetrata, ovvero la violenza sul lavoro e quella domestica.
Nella prima tipologia di violenza sono ricompresi tutti quei fenomeni come ad esempio le molestie sessuali, il mobbing, il ricatto occupazionale legato alla gravidanza, il rinnovo del permesso di soggiorno, ecc. In materia di molestie sul luogo di lavoro vale la pena segnalare la sentenza della Corte di Cassazione n. 12738/08 che stabilisce che
“il reato di violenza sessuale commesso sul luogo di lavoro lede l’integrità psico-fisica del lavoratore“,
compromettendone la stabilità psicologica e il rapporto con la realtà lavorativa e la percezione del luogo.
Per quanto riguarda invece la violenza domestica, rientrano in essa tutte le forme di violenza psicologica, fisica, sessuale ed economica esercitate da familiari all’interno delle mura domestiche. Sono compresi anche i comportamenti riconducibili allo stalking e al gaslighting nei confronti delle donne. La materia è affrontata giuridicamente dalla Legge 38/09 di conversione del decreto cosiddetto “antistupri” (Decreto legge del 23 febbraio 2009, n.11) che ha istituito il reato di stalking, già presente nel decreto.
Come in tutti i fenomeni sociali, non tutte le donne hanno la stessa probabilità di incorrere in violenza; alcune infatti, hanno caratteristiche che presentano rischi maggioro:
Al contrario, le donne di età superiore a 34 anni, siano esse coniugate, vedove, casalinghe, ritirate dal lavoro e donne con licenza elementare/nessun titolo, presentano il minor rischio (probabilistico) di incorrere in violenze.
Le donne che hanno subito più violenze dai loro partners nel corso della vita, spesso perdono l’autostima e la fiducia in sè stesse (48,8%) e sviluppano una sensazione di impotenza (44,9%); a seguire si registrano disturbi del sonno (41,5%), ansia (37,4%), depressione (35,1%), difficoltà di concentrazione (24,3%), dolori ricorrenti in diverse parti del corpo (18,5%), difficoltà a gestire i figli (14,3%), idee di suicidio e autolesionismo (12,3%).
Quando a compiere la violenza è stato uno sconosciuto o un parente è maggiore la percentuale di donne che la definiscono un reato, quando invece l’autore è un amico o un collega è più probabile che la violenza venga percepita più come qualcosa che è capitato per sbaglio.
Il fenomeno della violenza nei confronti delle donne e dei minori ha dimensioni tali che non può essere considerato solo un problema di ordine pubblico o un fatto privato. Si tratta di una vera e propria piaga sociale che ancora una volta richiama la centralità dell’aspetto culturale e di un dibattito sulle relazioni tra i generi, sull’educazione dei giovani e sugli ideali della società moderna, che tendono a “monetizzare” tutto, svuotando di significato valori importanti quali il rispetto per la persona e per la vita.
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