Separarsi, decidere di chiudere una relazione importante, specie se con figli, è una decisione spesso straziante, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha incluso tra quegli eventi che aumentano il rischio di sviluppare problematiche psico-emotive. Per rendere il tutto meno incontrollabile, ho scritto quest’articolo con l’obiettivo di fornire informazioni utili su come procedere, in un momento della vita in cui regna il caos.
Abbiamo due tipologie di separazione: la separazione consensuale avviene quando i coniugi decidono di separarsi e, insieme, si accordano in che modo farlo; per contro, nella separazione giudiziale soltanto uno dei due coniugi è deciso a separarsi, deponendo il proprio ricorso autonomamente tramite il proprio avvocato, mentre l’altro si oppone. E’ in quest’ultima fattispecie che si aprono delle vere e proprie faide familiari, in quanto nella separazione consensuale vi è già un precedente accordo su tutte le principali questioni.
Si inizia attraverso il deposito in Tribunale di un ricorso, a cui seguirà poi il procedimento giudiziario. Il ricorso deve contenere la domanda di separazione ovvero il nome delle parti, l’oggetto della domanda, l’esposizione dei fatti sui quali si fonda tale domanda e l’indicazione dei mezzi di prova di cui il coniuge che richiede la separazione (“ricorrente”) intende avvalersi. Nella domanda, i “temi caldi” su cui si aprono i conflitti riguardano principalmente l’assegno di mantenimento, l’affidamento dei figli (di minore età) e l’assegnazione della casa coniugale.
I figli verranno solitamente affidati ad entrambe i genitori e anche il collocamento, laddove fattibile, sarò il più possibile paritario.
Una volta espletate le procedure del ricorso, il Presidente del Tribunale fissa la data d’udienza di comparizione, in cui il Giudice emanerà i cosiddetti provvedimenti provvisori, destinati ad avere valenza per tutta la durata della fase istruttoria è che ha inizio con il rinvio della causa al giudice istruttore.
I provvedimenti decisi in udienza, nonostante vengano definiti “provvisori”, hanno un’importanza tale da poter pesantemente influire tutto il procedimento, nonchè la sentenza definitiva. Proprio per questo motivo, in casi particolarmente complessi in cui l’affidamento dei figli richieda chiarimenti, il Giudice ha la facoltà di rimandare la decisione e avvalersi di una CTU (Consulenza Tecnica d’Ufficio), in cui viene nominato uno psicologo esperti in campo giuridico, per valutare le capacità genitoriali dei coniugi, la famiglia allargata (nonni, zii, ecc.), la volontà del minore (attraverso l’audizione protetta, se maggiore di 14 anni), i rapporti della coppia genitoriale e genitore-figlio.
In parallelo alla CTU, ogni parte può avvalersi di un CTP (Consulente Tecnico di Parte), che avrà il compito di verificare la correttezza metodologica del CTU, la sua imparzialità, nonchè eventuali intromissioni da parte del CTP o dell’avvocato della parte avversa: in sostanza supervisiona i lavori. La relazione tecnica prodotta, congiuntamente alle note critiche dei CTP, produrrà uno strumento utile ad aiutare il Giudice a decidere i provvedimenti, che potranno essere anticipatori della regolamentazione definitiva delle condizioni di separazione.
Durante la fase istruttoria, il giudice ha assoluta facoltà di modificare i provvedimenti presidenziali, anche in relazione all’evolversi di una situazione che al momento della comparizione davanti al Presidente era ancora in fase di formazione.
Seguirà poi una fase contenziosa, in cui è possibile articolare la domanda di addebito, di assegni di mantenimento e/o la domanda di affido esclusivo dei figli. La causa prosegue infine secondo rito, fino alla sentenza definitiva che costituisce l’esaurimento della fase di primo grado del giudizio. Ovviamente, la sentenza è appellabile e le decisioni in essa contenute possono dunque essere modificate nel secondo grado di giudizio.